La Corte d’Appello di Torino, a fine 1800, nel caso Lidia Poët: “l’avvocheria è un ufficio esercitabile soltanto da maschi e nel quale non devono immischiarsi le femmine. […] sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene osservare”.
Chi è Lidia Poët?
Nata a Traverse di Perrero (un piccolissimo comune della Valle Germanasca, in provincia di Torino) il 26 agosto 1855, è stata la prima donna avvocato italiana.
Figlia di ricchi proprietari rurali valdesi e ultima di 4 fratelli e 3 sorelle, cresce a Pinerolo dove nel 1877 consegue la licenza liceale, presso il liceo Cesare Beccaria di Mondovì, per poi iscriversi – l’anno successivo – alla facoltà di Legge dell’Università di Torino. Il 17 giugno 1881 si laureava a pieni voti in giurisprudenza con una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne, per svolgere poi la pratica forense a Pinerolo presso lo Studio legale dell’avvocato Cesare Bertea.
Superato con il voto di 45/50 l’esame di abilitazione alla professione forense, Lidia chiedeva l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Torino e dei procuratori legali.
La richiesta di iscrizione veniva inizialmente rifiutata, per poi essere accolta in data 9 agosto 1883. Infatti, in assenza di norme che escludessero le donne dalla professione di Avvocato, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino, con 8 voti favorevoli e 4 contrari, consentiva a Lidia Poët di iscriversi all’Albo degli Avvocati.
In data 11 novembre 1883, tuttavia, la Corte d’Appello di Torino rimetteva in discussione la decisione: su ricorso del Procuratore Generale del Re veniva ordinata la cancellazione dall’albo della Poët sull’assunto che la professione forense fosse un pubblico ufficio, e quindi vietato alle donne.
Lidia, quindi, il 28 novembre dello stesso anno adiva la Suprema Corte di Cassazione, tuttavia senza alcun successo: con sentenza del 18 aprile 1884 veniva confermata la decisione della Corte d’Appello e quindi ribadita l’esclusione delle donne dalla professione di avvocato.
Pur dovendo esercitare la professione all’ombra del fratello Giovanni Enrico (avvocato e titolare di uno Studio Legale), Lidia non si arrendeva.
Si occupava dei diritti dei detenuti e dei minori, promuovendo l’istituzione dei tribunali dei minori e affrontando il tema della riabilitazione dei detenuti attraverso l’educazione e il lavoro. Infatti, ha preso parte – ricoprendo ruoli di gran rilievo – ai Congressi Penitenziari Internazionali; nel 1883 e nel 1885 si era iscritta rispettivamente al Primo e al Terzo Congresso Penitenziario Internazionale a Roma. Nel 1890 venne invitata, in qualità di delegata, al Quarto Congresso Penitenziario Internazionale a San Pietroburgo (Russia), per poi prendere parte del Segretariato del Congresso Penitenziario Internazionale e rappresentare l’Italia in varie parti del mondo come vicepresidente della sezione di diritto.
Attiva, quindi, non solo nel campo dei diritti delle donne (sostenendo la causa del suffragio femminile), ma altresì anche degli emarginati, dei carcerati e dei minori. Una vita passata a difendere i diritti di chi allora (ma in alcuni casi ancora oggi) era più debole!
Negli stessi anni, il Governo francese la nominava Officier d’Académie proprio grazie ai lavori svolti al Congresso Penitenziario Internazionale di Parigi del 1895.
Nel 1903 fu fondato il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane a cui la Poët aderì immediatamente, per poi ricevere l’incarico di dirigere i lavori della sezione giuridica nei primi congressi femminili italiani del 1908 e 1914.
Scoppiata la prima guerra mondiale si impegnava come infermiera nella Croce Rossa e riceveva una medaglia d’argento per il suo impegno.
Finalmente, con l’approvazione della Legge 1179/ 1919 (c.d. legge Sacchi), fu abolita l’autorizzazione maritale e venne conseguentemente autorizzato l’ingresso delle donne nei pubblici uffici, tranne che nella magistratura, nella politica e in tutti i ruoli militari; infatti, all’art. 7 si leggeva che “Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gl’impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche che attengono alla difesa dello Stato”.
Pertanto, nel 1920, all’età di 65 anni Lidia Poët accedeva all’Ordine degli Avvocati di Torino, diventando così ufficialmente un avvocato: la prima donna avvocato in Italia!
Nel 1922 divenne la presidente del Comitato pro voto donne di Torino.
Morì nubile a Diano Marina il 25 febbraio 1949, all’età di 94 anni.
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Donne Avvocato Oggi
Ad oggi la percentuale di toghe rosa in Italia è pari al 48% ed il trend è in continua crescita – basti pensare che nel 1985 la percentuale di donne avvocato era soltanto del 9,3%.
Il numero di donne avvocato sul totale degli iscritti alla Cassa Forense è inversamente correlato all’età anagrafica, con una maggiore presenza femminile in tutte le classi d’età inferiori ai 55 anni.
Ovviamente le c.d. “difficoltà di genere” per le donne, nello svolgimento della professione forense, ancora esistono; se ne parla molto e danno vita a numerose iniziative volte a promuovere la parità tra uomini e donne nel campo dell’Avvocatura.
Ciò nonostante alcuni dei più importanti e prestigiosi Studi Legali italiani sono guidati da donne, e nella maggior parte dei casi da giovani donne, tanto da poter affermare con entusiasmo che in Italia l’Avvocatura è finalmente una professione per donne!
Lo stesso non può dirsi accada in altri Paesi, in cui l’affermazione dell’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne è ancora un miraggio: abbiamo dovuto attendere il 2014 per vedere la prima donna avvocato in Arabia Saudita.
Il tema della parità di genere e della lotta alle discriminazioni fondate sul sesso nel campo dell’Avvocatura, ma anche in tutti gli atri ambiti della vita pubblica e privata, è tutt’oggi al centro del dibattito mondiale ed impone un impegno globale finalizzato ad eliminare le ineguaglianze ed a promuovere la parità tra uomini e donne in tutte le attività.
La battaglia di Lidia Poët, e di tante altre donne che con sacrificio e difficoltà hanno ottenuto il riconoscimento di diritti di cui oggi tutte noi godiamo, non dev’essere soltanto una bella storia da raccontare, ma una responsabilità da assumere e rinnovare ogni giorno.
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Le pubblicazioni di Lidia Poët
Per maggiori informazioni sulla carriera di Lidia, di seguito alcune delle sue pubblicazioni principali:
– L. Poët, Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale e al diritto amministrativo nelle elezioni. Dissertazione per la laurea in giurisprudenza, Pinerolo, Chiantore & Mascarelli, 1881.
– L. Poët, Ricorso all’Eccellentissima Corte di Cassazione in Torino della signorina LIDIA Poët laureata in leggi contro la decisione dell’Eccelentissima Corte d’Appello in data 14/11/1883, Torino, Stamperia dell’Unione Tipografica Editrice, 1883.
– L. Poët, Conferenza della sig.na LIDIA Poët, dottoressa in giurisprudenza, Torino, Tipografia Il Risorgimento, 1914.
– L. Poët, Rapport présenté par M.lle Lydia Poët, docteur en droit à Pignerol (Italie). Congrés pénitentiaire international de Saint-Pétersbourg. Travaux Prèparatoires, 1890.
– L. Poët, Assistence morale et legale des mineurs en Italie, in Atti del Congresso Internazionale Femminile, Roma, 16-23 maggio 1914, Torre Pellice, 1915