Congedo di Maternità obbligatorio e facoltativo
Come noto, il congedo di maternità si suddivide in obbligatorio e facoltativo.
L’astensione obbligatoria (c.d. maternità obbligatoria), disciplinata dal D.Lgs. 151/2001, prevede che la lavoratrice madre abbia diritto ad un periodo complessivo pari a 5 mesi di congedo che può suddividersi così come segue:
- 2 mesi prima del parto e 3 dopo: a lavoratrice deve presentare all’Ufficio del Personale il certificato medico del ginecologo con la data presunta del parto, entro il compimento del 6° mese e mezzo di gravidanza;
- 1 mese prima del parto e 4 dopo: in questo caso la lavoratrice deve a) presentare il certificato del ginecologo con la data presunta del parto; b) avere una relazione firmata dal responsabile di struttura con indicate le mansioni svolte; c) avere l’autorizzazione del medico competente a trattenersi al lavoro fino al compimento dell’8° mese di gravidanza;
- 0 mesi prima del parto e 5 dopo: c.d. opzione di fruizione dei 5 mesi dopo il parto (Legge di Bilancio 2019). Anche in questo caso il medico specialista del SSN ed il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro dovranno attestare che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (Circolare INPS 12 dicembre 2019, n. 148);
- astensione anticipata: il congedo può iniziare prima del periodo di maternità obbligatoria nel caso di gravidanze a rischio, e dunque quando sia disposta l’interdizione anticipata su disposizione dell’ASL oppure dell’ITL se le mansioni sono incompatibili con la gravidanza.
Durante il congedo di maternità obbligatorio, e quindi per tutto il periodo di astensione, l’INPS – al posto della retribuzione – riconosce un’indennità pari all’80% dello stipendio.
Inoltre, per il datore di lavoro vige il divieto di adibire al lavoro le donne. Non si tratta solo di un divieto, ma soprattutto di un diritto indisponibile per la lavoratrice. Infatti, in nessun caso l’astensione può essere oggetto di rinuncia, nemmeno a fronte di comprovata certificazione medica attestante le condizioni di buona salute della lavoratrice (tranne nei casi di interruzione di gravidanza o di morte perinatale del feto, ma – anche in questo caso – solo ed esclusivamente a fronte del benestare del medico curante).
A quali lavoratrici spetta il congedo di maternità obbligatorio?
Vediamolo insieme: lavoratrici dipendenti, apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti (con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo), disoccupate o sospese, lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato, lavoratrici a domicilio, lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell’articolo 65 del TU), lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche.
Congedo Parentale: Novitò Legge di Bilancio 2023
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto importanti novità in materia di congedo parentale, come ulteriore misura di sostegno alle famiglie. Le nuove misure rafforzano quelle con il c.d. Decreto Equilibrio (in attuazione della Direttiva UE 2019/1158, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20.06.2019) in vigore da agosto 2022, che ha l’obiettivo di favorire un miglior equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza.
La disciplina del trattamento economico del congedo parentale ex art. 34 D.Lgs. 151/2001 (Testo unico della maternità), prevede che una delle mensilità fruite entro i 6 anni di vita del figlio sia indennizzata all’80% – anziché al 30% -, ma limitatamente ad uno dei due genitori.
A chiarire le nuove misure introdotte è intervenuto anche l’INPS con la Circolare n. 4, pubblicata il 16 gennaio 2023, di seguito riassunta:
- beneficio: 1 mese di congedo parentale con indennità elevata dal 30% all’80% della retribuzione, fruibile in alternativa tra i genitori;
- destinatari: lavoratori dipendenti che terminano il periodo di congedo di maternità (o paternità), successivamente al 31.12.2022;
- tempi di fruizione: fino al 6° anno del bambino o, comunque, entro il 6° anno dall’ingresso in famiglia del minore nel caso di adozione o affidamento.
Divieto di Licenziamento per le Lavoratrici Neo-Mamme
Vige il divieto di licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Tale divieto si applica anche al padre che, nei primi 3 mesi dalla nascita del figlio, si astenga dal lavoro in mancanza della madre.
Le uniche ipotesi in cui è previsto (e possibile) il licenziamento sono:
- la colpa grave, che costituisce giusta causa di licenziamento;
- la cessazione dell’attività della società;
- esito negativo del periodo di prova;
- risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine del contratto.
Al di fuori di queste ipotesi, il licenziamento è nullo e la lavoratrice ha diritto alle tutele previste dalla legge.
Ovviamente le tutele cambiano in base al periodo di assunzione (se pre o post Jobs Art, quindi se prima/dopo il 07.03.2015), ma sono applicabili indipendentemente dal motivo formalmente addotto dal datore di lavoro in sede di licenziamento e a prescindere dal numero di dipendenti occupati nella società:
- tutele indicate dall’art. 18, co. 1-3, Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), come modificati dalla legge 92/2012, se è stata assunta prima del 07.03.2015;
- tutele indicate dall’art. 2, D.Lgs. 23/2015 (c.d. Jobs act, disciplina del contratto a tutele crescenti), se l’assunzione è avvenuta dal 07.03.2015.
La conseguenza in entrambi i casi è che la lavoratrice licenziata nel periodo di maternità ha diritto alla c.d. tutela reintegratoria piena, e quindi:
- ordine di reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro;
- condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, nella misura della retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione;
- versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorso fra licenziamento e reintegrazione;
- c.d. diritto di opzione, cioè la possibilità per la lavoratrice di scegliere il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità, anziché essere reintegrata nel posto di lavoro.
Per ulteriori chiarimenti sull’argomento scrivici qui, saremo liete di rispondere appena possibile.